CANONIZZAZIONE DIRITTO CIVILE

Jean-Pierre Schouppe (Professore Diritto canonico. Pontificia Università della Santa Croce)

La Chiesa ha sempre saputo richiamare norme civili, già dal diritto romano, spesso accolto nel diritto comune (sec. X-XVI). Oggi adopera questa tecnica nei confronti di “leggi civili” in materie nelle quali un rapporto armonioso tra i due ordinamenti risulta particolarmente importante. Nel CIC’17, il can. 1529, che riguardava i contratti e i pagamenti, richiamava le norme civili in materia e non vi era alcuna disposizione generale sulla canonizzazione. Nel processo di redazione del CIC’83, Ciprotti propose l’uso di una nozione generale di canonizatio e suggerì l’inserimento nel Codice di una regola generale sull’istituto, l’attuale can. 22 CIC’83. Le norme canonizzate sono effettive nell’ordinamento canonico fino a quando rimanga la loro validità nell’ordinamento di origine, e risultano attualizzate dagli stessi legislatori civili. La canonizzazione nell’odierna legge canonica riguarda i contratti e i pagamenti (can. 1290), le prescrizioni (can. 197), i rapporti lavorativi (can. 1286), le azioni possessorie (can. 1500), le transazioni (can. 1714)… Riveste quindi una particolare rilevanza per il diritto canonico patrimoniale.

La canonizatio intende incorporare una norma civile nell’ordinamento canonico, oppure rinviare formalmente ad essa. In entrambi i casi, il legislatore canonico si astiene dal dettare una norma per una determinata materia e incorpora una norma civile, oppure rinvia formalmente ad essa. Non si tratta quindi di creare ex novo una legge canonica a partire da alcuni elementi di una legge civile, bensì di una vera remissione, che può essere di due tipi: la remissione materiale e recettizia (= canonizatio) o la remissione formale e non recettizia. Nel primo caso (recettizio), il legislatore canonico incorpora la norma civile nell’ordinamento canonico, ricevendola con il suo presupposto: per esempio, le nozioni civili di contratto o di prescrizione. Invece, le norme civili che, per indicazione del legislatore canonico, devono essere osservate (per esempio i testamenti), non rientrano nel quadro della canonizzazione.

In quanto norma canonica, la norma canonizzante o di remissione va interpretata alla luce del diritto canonico ed è stata equiparata ad una norma di diritto internazionale privato. Le norme canonizzate, richiamate dal can. 22 con l’espressione “leggi civili”, sono le norme legali, amministrative, consuetudinarie e perfino i criteri giurisprudenziali di livello sia nazionale sia infra- o internazionale di un altro ordinamento. Siccome esistono numerosi ordinamenti civili, le norme canonizzanti stabiliscono alcuni criteri di collegamento per individuare quale è quello concretamente richiamato in ogni fattispecie: il territorio, la nazionalità… La norma canonizzata appartiene simultaneamente a due sistemi giuridici (canonico e civile). La regola incorporata va applicata nell’ordinamento canonico “con i medesimi effetti”, vale a dire che andrà interpretata in funzione dell’ordinamento civile, senza escludere eventuali mutazioni della norma civile.

Tuttavia, il can. 22 stabilisce una norma di chiusura, che vale per tutte le remissioni: “in quanto non siano contrarie al diritto divino e se il diritto canonico non dispone altrimenti”. Si applica quindi la norma secolare, con la sua interpretazione civile, ma sempre con il suddetto filtraggio richiesto dalla specificità del diritto canonico. In caso di incompatibilità dimostrata, la norma ecclesiastica prevale sulla civile (o su parte di essa). A fortiori, il diritto divino, che fa parte dello stesso sistema canonico, va sempre rispettato.

Fonti:

c. 1529 CIC 17; c. 22 CIC 83; c. 1504 CCEO.

Connessi:

cc. 98, 197, 231, 1059, 1105, 1286, 1290, 1500, 1672, 1714 CIC 83 e cc. corrispondenti del CCEO.

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31 ottobre 2021

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