TRASPARENZA

Cristian Mendoza (Professore Pontificia Università della Santa Croce)

Il concetto di trasparenza deriva dalla scienza chimica, che la definisce come una caratteristica di alcuni materiali che permette alla luce di passare attraverso. Questo ci permette di vedere cosa c’è “in loro” o “dietro di loro”. Il valore della trasparenza sta nel fatto che ci permette di vedere oltre il materiale trasparente stesso. Le scienze sociali hanno preso il concetto chimico di trasparenza per analogia. La trasparenza diventa così una caratteristica del buon governo, della buona educazione, della ricerca medica e così via. Questo processo finirà per assimilare la trasparenza al buon governo, con il rischio di ignorare il fatto che la trasparenza serve allo sviluppo delle istituzioni. In altre parole, è un mezzo e non un fine, perché se tutto fosse trasparente, alla fine non potremmo vedere nulla; la trasparenza è importante in vista della sostanza, di ciò che vogliamo osservare. Luhmann osserva che la ricerca scientifica e le scienze umane “convergono oggi nella prevedibilità dell’imprevedibile”; il desiderio di controllare tutta la realtà porta a un forte rifiuto della non trasparenza (1997, 363).

La trasparenza diventa così una domanda sociale, legata al razionale (Fazio 2006, 174). Ciò che non è trasparente viene così identificato con la segretezza, diventando un concetto negativo. Da un lato, Taylor suggerisce che la società di oggi ha perso la sua capacità di valutare ciò che non è immediatamente razionale (2007, 41). D’altra parte, gli individui apprezzano sempre di più l’esperienza di essere completamente informati su ciò che accade intorno a loro. La trasparenza è ormai uno standard di comportamento per gli individui e le istituzioni, al punto che si pensa che ciò che è trasparente è sempre buono. Si parla di un aumento generale del diritto di sapere, ignorando il fatto che “gli usi quotidiani della non trasparenza lubrificano tutti i piccoli incontri vitali che fanno funzionare la società” (Schudson 2016, 176). L’aumento del diritto di sapere può anche creare una divisione sociale, tra coloro che sanno e coloro che sono oppressi dalla loro stessa ignoranza (Habermas 2007, 64).

La Chiesa cattolica si sta quindi sviluppando in un ambiente in cui la gente vuole ricevere più informazioni e conoscere più dettagli sui processi interni di elezione dei responsabili dell’istituzione, sul processo decisionale istituzionale, sulla gestione delle risorse finanziarie, ecc. Un punto di riferimento per la trasparenza istituzionale potrebbero essere le misure adottate dai governi nazionali: rendere pubblica l’agenda dei principali ministri del governo, indicare le principali attività intraprese dallo stato a beneficio dei cittadini, pubblicare il bilancio nazionale, ecc. In effetti, le autorità della Chiesa hanno reso pubbliche sempre più informazioni, riguardanti per esempio l’andamento dello IOR, il modo in cui vengono prese le decisioni grazie a un gruppo di cardinali che consigliano il Santo Padre, e così via.

Il principio della trasparenza dovrebbe permettere in ogni caso di rispettare la missione spirituale fondamentale della Chiesa, che non è un’azienda in cui l’informazione finanziaria deve essere perfettamente aggiornata; e che non è un’associazione politica, in cui la rendicontazione delle decisioni è una responsabilità verso i cittadini votanti. L’attesa sociale di una sempre maggiore informazione può essere comunque soddisfatta dalla “trasparenza operativa”, che è una buona occasione per mostrare al pubblico le tante opere pastorali ed evangelizzatrici della Chiesa: migliaia di bambini educati nei paesi poveri, migliaia di malati curati dai religiose e religiosi di tutto il mondo, milioni di celebrazioni eucaristiche e sacramenti, ecc. Il principio della trasparenza, oltre a presentare “i numeri della Chiesa”, permetterebbe di rimettere al centro il suo compito di annunciare il Vangelo, senza cadere in obblighi che non corrispondono alla missione spirituale dell’istituzione ecclesiale.

Insomma, il principio della trasparenza si applica in realtà a tutte le istituzioni, perché quando c’è confusione sullo scopo e sugli obiettivi di un’organizzazione, sia da parte dei suoi dirigenti che rispetto alle aspettative sociali comunemente accettate, la trasparenza può diventare un mezzo di de-naturalizzazione istituzionale. Quando un governo è più preoccupato delle sue politiche economiche che dei suoi sforzi educativi o del suo piano per proteggere le risorse naturali, non sembra essere trasparente, ma piuttosto distratto. Quando un’azienda riferisce più dei suoi programmi di welfare che dei suoi profitti, non è trasparente ma irresponsabile. Quando il diritto civile obbliga un’istituzione religiosa a concentrarsi sulla sua attività economica, può essere contrario alla natura dell’istituzione.

Bibliografia

Fazio, Mariano, Storia delle Idee Contemporanee, Edusc, Roma 2006.

Habermas, Jürgen, Theory and Praxis, Polity Books, Cambridge 2007 (1973).

Schudson, Michael, The Rise of the Right to Know: Politics and the Culture of Transparency, 1945-1975, Harvard University Press, Cambridge MA 2016.

Taylor, Charles, Secular Age, Harvard University Press, Cambridge MA 2007.

Luhmann, Niklas, “The Control of Intransparency”. System Research and Behavioral Science 14/6 (1997) 359-371.

31 ottobre 2021


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